Milano (Marisa de Moliner) - Gli oculisti italiani curano con successo difetti e disturbi della vista dall'astigmatismo alla maculopatia ad altro. Ma non riescono a curare una forma particolare di miopia, quella che sembra affliggere il Sistema Sanitario Nazionale e che non gli farebbe vedere come la gestione attuale delle visite sia ferma a sessant'anni fa. Un anacronismo contro il quale si scontrano i progressi, le conquiste e la pratica clinica, e che non fa allungare le già chilometriche liste d'attesa. Un impedimento questo assolutamente intollerabile se si considera che bisogna attendere anche più un anno per una visita oculistica e due per un'operazione della cataratta.
A denunciare questa situazione non solo anacronistica, ma anche drammatica per chi è costretto a passare dodici o addirittura ventiquattro mesi con cali significativi della vista che possono impedire anche i normali gesti della vita quotidiana, è Matteo Piovella, presidente della SOI (Società Oftalmologica Italiana).
A denunciare questa situazione non solo anacronistica, ma anche drammatica per chi è costretto a passare dodici o addirittura ventiquattro mesi con cali significativi della vista che possono impedire anche i normali gesti della vita quotidiana, è Matteo Piovella, presidente della SOI (Società Oftalmologica Italiana).
Una denuncia che evidenzia come alle potenzialità dell'oculistica, alla diagnostica e alle capacità acquisite soprattutto negli ultimi decenni, non corrisponda un ammodernamento dell'accessibilità alle prestazioni. "Oggi abbiamo delle tecnologie che sono molto sofisticate- sottolinea Piovella- che sono in grado di riconoscere differenze di un millesimo di millimetro, stampano questa evidenza come se fosse una lastra o una tac, permettendoci da una visita all'altra di poter vedere l'evoluzione della malattia. E prima di tutto fare la diagnosi che senza questi strumenti è praticamente impossibile, penso alle maculopatie. Ma oltretutto questi sono esami che prima non si facevano, semplicemente perché non c'erano. Oggi ci sono e non impiegarli sarebbe come fare una visita cardiologica senza fare un elettrocardiogramma".
"Siamo ancora- precisa il presidente della SOI- a una metodologia nel Sistema Sanitario Nazionale riferita alle mutue degli anni Sessanta: fai le visite a pezzi (il fondo, per le lenti, per la pressione) ma poi soprattutto allora non c'erano gli esami diagnostici, quindi non si facevano". I tempi cambiano e ne passa di acqua sotto i ponti, o meglio ne passano di apparecchiature negli ambulatori. "L'esame diagnostico dev'essere effettuato nello stesso tempo contestualmente alla visita - puntualizza Piovella- perché è grazie agli esami diagnostici che noi facciamo la diagnosi, individuiamo la malattia, ma soprattutto attiviamo immediatamente una cura. Avere un sistema che prima fa la visita, poi ti manda all'ufficio prenotazioni a riprendere appuntamento per fare questi esami è veramente anacronistico, ma soprattutto crea una difficoltà di accesso ai pazienti e la maggior parte dei pazienti non si cura. Oggi negli ospedali per una visita oculistica c'è un anno d'attesa se non di più, così come ci sono oltre due anni d'attesa per sottoporsi all'intervento di cataratta che è l'intervento più eseguito e di maggior successo e di maggior vantaggio per i pazienti. Dobbiamo semplicemente fare in modo che queste conquiste positive che sono solo a vantaggio dei pazienti vengano usufruite, messe a disposizione dei pazienti con le risorse necessarie. Per questo è anacronistico oggi sostenere che in oculistica si fanno delle indagini, degli esami inutili che aumentano i costi . Oggi in oculistica si sta cercando di fare tutti gli esami che fino ad ora non era stato possibile fare ma che siamo obbligati a fare, semplicemente perchè prima non esistevano le apparecchiature". E più apparecchiature e più possibilità di cura hanno comportato anche più pazienti. "Da quando abbiamo queste capacità di cura- evidenzia il presidente della SOI- la richiesta da parte dei pazienti di essere curati adeguatamente è aumentata di dieci volte".
Ma gli oculisti sono costretti a fare i conti con un altro problema non da poco e con notevoli ripercussioni e rischi per i pazienti. A sollevarlo è ancora Piovella: "Uno dei rimedi che hanno pensato per ridurre i costi è di eliminare l'attività del medico anestesista durante gli interventi. Questo è un errore di valutazione di persone che probabilmente non conoscono l'oculistica e le sue necessità. Eseguiamo il numero più importante di interventi nel nostro Paese e sono interventi di alta specializzazione, oltretutto siamo capaci di usare un'anestesia solo con le gocce ma perché è un vantaggio per il paziente perché elimina le complicazioni dell'anestesia. L'occhio però è in movimento e non c'è nessun chirurgo che opera su qualcosa che si muove. Per poterlo fare abbiamo bisogno dell'assistenza del medico anestesista per ogni singolo paziente, che metta in comfort una persona che magari non ha mai eseguito un intervento chirurgico e che poi quando pensa di dover operare gli occhi non è sicuramente in una situazione di tranquillità. Noi abbiamo sempre operato con i medici anestesisti. È un dato di fatto, il numero delle complicazioni a livello di intervento quando non c'è il medico anestesista aumenta di tre volte. Tre volte è tanta roba insomma, soprattutto senza una motivazione medica ma solo una motivazione portata avanti dagli economisti che hanno l'unico compito non di curare bene la gente ma di risparmiare".
Il presidente della Società Oftalmologica Italiana, che è ben conscio delle difficoltà economiche in cui versa il Sistema Sanitario Nazionale, conclude: "Dobbiamo far comprendere che è giusto in una situazione di questo tipo avere un'attenzione al risparmio delle risorse. Ma il risparmio delle risorse non può significare l'eliminazione delle risorse che impedisce di comprare le attrezzature e di pagare i medici anestesisti". (www.agenziaomniapress.com - 14.5.2024)