mercoledì 12 maggio 2021

Giuseppe Sperduto Nuovo Presidente FAIB (Federazione Gestori di Carburanti Confesercenti). Causa Covid, Consumi di Benzina Ridotti del 26% nel 2020 con Perdita di 7,5 Miliardi di Euro. I Problemi: Prezzi, Illegalità, Rapine, Transizione e Decarbonizzazione

 

Roma (Pietro Cobor) - Giuseppe Sperduto è il nuovo Presidente della Faib, la Federazione dei gestori carburanti Confesercenti. A sceglierlo l’assemblea dell’Associazione, tenutasi in modalità a distanza. 


Sperduto succede a Martino Landi, che ha guidato la Federazione per tredici anni. “Il Sindacato è e rimarrà il luogo in cui prima di tutto viene il confronto interno, il dibattito tra gli iscritti, l’illustrazione delle rispettive posizioni, il rispetto per le opinioni diverse, la costruzione della sintesi”, ha detto il neo eletto Presidente che ha aggiunto:  “Il nostro settore è ad un punto di svolta: occorre legare la nostra proposta al miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente, alla sostenibilità economica delle attività, alla proposta di allargare la sfera delle tutele del lavoro e di lotta alle illegalità. La Faib è nelle migliori condizioni per interpretare la nuova rete e i nuovi soggetti imprenditoriali chiamati a gestirla, per il know-how espresso, per le caratteristiche organizzative, per la capacità di rappresentanza e di relazioni istituzionali: un complesso di valori e risorse che costituisce il nostro patrimonio a disposizione della categoria”.


Associazione che ha colto l’occasione dell’Assemblea I gestori protagonisti della mobilità nell’era della transizione”, per organizzare una tavola rotonda, in via telematica, su  La distribuzione carburanti di fronte ai nuovi scenari energetici. Al dibattito hanno preso parte  Giuseppe Capanna, Direttore Generale Confesercenti,  Andrea Rossetti, Presidente Assopetroli, Claudio Spinaci, Presidente Unem,  Emilio Viafora, Presidente Federconsumatori, Gilberto Dialuce, Consigliere Ministro Transizione Ecologica, Cecilia Guerra, Sottosegretaria Ministero Economia e Finanze, Massimiliano De Toma e Luca Squeri  Membri X Commissione Camera dei Deputati. 

“I gestori - sottolinea la Faib  - nella transizione energetica saranno i protagonisti della mobilità e continueranno a fornire energia per far muovere gli italiani. Riteniamo che l’attuale rete carburanti sia un asset strategico prezioso per il sistema paese, per consentire in continuità la distribuzione delle energie a basse emissioni. In questa ottica si pone il ruolo dei grandi operatori della rete di ripensare le aree di servizio, e approntare le relative azioni di riposizionamento, quali stazioni multifunzionali a servizio dell’auto futura, a conferma della vocazione a fornire energia, nelle declinazioni che si stanno determinando e in quelle che si preannunciano””””“Fornire energia sulle stazioni di servizio è l’obiettivo di oggi e di domani - conclude la Federazione. I gestori nella transizione energetica saranno i protagonisti della mobilità e continueranno a fornire energia per far muovere gli italiani”.

I consumi di carburante. Come ripetutamente denunciato dalla Faib e alla base delle richieste di ristoro per i gestori i consumi si sono ridotti nell’ultimo anno del 26,1%, per il gasolio del 14,7%, per la benzina e del 21% per quelli di GPL. La contrazione dei tre prodotti ammonta a quasi 7,5 miliardi di litri così distribuiti: 2 miliardi per la benzina, 4,7 miliardi per il gasolio e 680 milioni di litri di Gpl.

I prezzi. Nel 2020 si registra un calo dei prezzi industriali della benzina, gasolio e Gpl rispettivamente del 21%, 22,4% e 5,9% e al consumo del 9%, 11% e 4,2%. Attualmente i prezzi dei carburanti al netto delle tasse sono inferiori alla media dell’area euro. Il maggior costo alla pompa pari a 11 centesimi euro/litro per la benzina e 14,6 centesimi per il gasolio è interamente dovuto alla componente fiscale. Nel complesso nel 2020 si  registra un «extracosto fiscale», ossia un carico fiscale, di oltre 4 miliardi di euro rispetto ai consumatori dell’area euro. Inoltre, in Italia rimane un importante quota di erogato in modalità servito, attestabile, mediamente, intorno al 25%.

Lo stato della rete. Contrariamente agli obiettivi dichiarati, nel 2019 si contano 21 mila e 750 punti vendita con un aumento del 4% rispetto al 2015. L’Italia continua ad essere il Paese con il maggior numero di punti vendita. Ad oggi siamo in presenza di circa 1.083 società registrate quali titolari di autorizzazioni e di 240 marchi operanti sul territorio nazionale. All’Anagrafe nazionale della rete stradale e autostradale nel 2020 risultano registrati oltre 22 mila impianti di cui 21 mila e 700 in attività, circa 400 in sospensiva e altrettanti con monoprodotto Gpl/metano. Ad oggi, secondo dati del Mef, quasi 5 mila punti vendita galleggiano miracolosamente su un erogato inferiore ai 300 mila litri, erogato che non consente di tenere aperto un punto vendita

L’emergenza sanitaria. La pandemia da Covid 19 ha determinato un forte calo delle vendite tra gennaio e ottobre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Sulla rete ordinaria le regioni più colpite, per benzina e gasolio, sono state: Lombardia (-22%), Campania e Sardegna (entrambe -21%) e Sicilia (-20%). Sulla rete autostradale invece le peggiori performance sono della Basilicata (-69%), della Valle d’Aosta (-50%) e del Piemonte (-41%). Infine, per l’extrarete il Lazio perde il 50% delle vendite, il Veneto il 31% e il Piemonte il 28%. L’erogato medio di questi ultimi 10 mesi è stato di 683 mila litri e la tassazione ha generato un gettito di 13,6 miliardi di euro solo sulla rete ordinaria e autostradale per gasolio e benzina. Se la crisi pandemica ha avuto un forte impatto negativo sulla rete ordinaria, su quella autostradale ha avuto un effetto devastante. In autostrada il calo delle vendite è del 40% complessivo tra benzine e gasolio, con punte del 45% nel nord ovest.

Sicurezza e moneta elettronica.  La Federazione ha più volte denunciato il rischio rapina che riguarda tutti i gestori italiani. Dalle cronache e dalle esperienze è facile desumere che i 21.750 operatori nella loro carriera, nella quasi totalità, hanno subito episodi di rapina e/o di violenza. Centrale la questione della moneta elettronica, i cui costi, però, non possono gravare sui gestori carburanti, in quanto percentualmente questi pesano molto di più che in altri settori, arrivando ad incidere per un terzo del reddito del gestore. Tuttavia, sviluppare la moneta elettronica è fondamentale per scoraggiare la microcriminalità, favorire lo sviluppo qualitativo delle aree e rafforzare il contrasto all’illegalità. Il credito d’imposta ottenuto dalle Federazioni dei gestori da solo non basta a favorire la migrazione verso i pagamenti elettronici: è una misura da rafforzare per coprire, in un settore particolare per esposizione al pericolo e generazione di gettito, il 100% dei costi di transazione.

La piaga dell’illegalità sulla rete. Le Federazioni hanno denunciato che declino e illegalità sono le due facce della stessa medaglia. Si è diffusa l’illegalità, sia in termini quantitativi, come prodotti introdotti in evasione di iva ed accise, sia in termini qualitativi (prodotti variamente miscelati, gasolio tagliato con oli combustibili esenti da imposte di fabbricazione), sia in termini di regole di sistema. La sommatoria di questi fattori produce effetti drogati sui prezzi e sulla redditività delle imprese, provocando concorrenza sleale e contrazione della redditività per la parte sana della filiera.

Oggi, secondo la Magistratura inquirente, il 30% del venduto sfugge all’imposizione fiscale per un valore di circa 10-12 miliardi di euro. Si tratta dunque di riportare nelle casse dello Stato oltre 10 miliardi di euro. Di fronte a questa emergenza, le scelte di politiche fiscali e tributarie non sono riuscite a introdurre una efficace azione di contrasto sul territorio. Si continua ad oberare una categoria ultra controllata, a monte e a valle, di oneri e pesi amministrativi che nulla aggiungono alla lotta all’evasione e non si pensa invece a rafforzare le misure di contrasto sul territorio e a  sorvegliare in fase di ingresso i prodotti petroliferi nel paese e monitorare e razionalizzare i depositi commerciali, cresciuti a dismisura negli ultimi anni, quasi in parallelo con la crescita dell’evasione iva, attraverso criteri selettivi e requisiti oggettivi, senza deroga alcuna.

Secondo le Federazioni di categoria il 50% della rete di distribuzione opera con contratti di affidamento irregolari o illegali, nell’indifferenza o nell’impotenza delle istituzioni e della filiera. Le Federazioni hanno promosso nel tempo vertenze legali e contenziosi sindacali, ma questo non può essere la “nuova normalità”. La lotta e il contrasto all’illegalità devono essere tema di filiera condiviso senza se e senza ma; ed invece assistiamo a distingui ed eccezioni che danno vita a pratiche che dequalificano la rete, precarizzano i rapporti, violano le normative in materia contrattuale, creando quell’humus favorevole alla diffusione della cultura dell’illegalità. La legalità non è una margherita da sfogliare.

La Proposta delle Federazioni. Anche in questa ottica va inquadrata la recente proposta delle Associazioni dei gestori di un rinnovato ruolo centrale per il decisore pubblico, di governo e indirizzo per la rete carburanti nel senso della legalità e della mobilità sostenibile.

In questo senso le Federazioni si sono fatte promotrici di una proposta legislativa sulle “Misure per la transizione della rete distributiva dei prodotti energetici per uso di autotrazione verso la mobilità sostenibile, nonché per l’efficienza del mercato, la tutela degli operatori commerciali ed il contrasto delle attività illegali.” La proposta muove dalla considerazione che la rete carburanti è la più importante infrastruttura della mobilità su gomma che necessita di una nuova mission nel nuovo scenario nel quale biometano, biocarburanti liquidi, idrogeno e ricarica dei veicoli elettrici, giocheranno un ruolo decisivo.

Le problematiche attuali della rete (polverizzazione, dispersione dei valori industriali, illegalità, irregolarità contrattuali…) fanno sì che il solo mercato non sia in grado di dare una efficace risposta ai temi posti dalla transizione. Da qui l’esigenza di un intervento pubblico in grado di governare e programmare la transizione verso la decarbonizzazione, assumendo ad elemento centrale il riorientamento dell’offerta e l’ammodernamento tecnologico e la pluralità delle energie per la mobilità. L’ipotesi legislativa della “concessione” va in questa direzione e non vuole essere di ostacolo alla concorrenza, ma anzi sollecitarla sul terreno dell’innovazione energetica e della verifica della corretta competizione. Per le Federazioni che l’hanno avanzata, la proposta della “concessione” potrebbe agevolare la razionalizzazione della rete basata su criteri oggettivi di decarbonizzazione, sostenuta da meccanismi in grado di garantire da un lato sostegni ed investimenti e dall’altro il governo verso la transizione. Condiviso il fine della proposta legislativa, lo strumento migliore per raggiungerlo passa in ogni caso per una riassunzione centrale dell’intervento pubblico di indirizzo e controllo. Basterebbero queste due azioni per avviare una vera politica coerente con gli obiettivi concreti e non ideologici della transizione energetica.

La rete nell’era della transizione. La creazione del Mite, il Ministero della transizione è un cambiamento di grande rilevanza istituzionale, politica ed economica. Il dibattito tra le forze sociali e quelle politiche ha evidenziato l’opportunità di un rapido avvio del processo di “decarbonizzazione”, a condizione che le soluzioni di contrasto all’emergenza climatica siano necessariamente graduali, per governare i tempi tecnici necessari ai fini di una transizione virtuosa verso l’utilizzo di energie alternative. Del resto, le condizioni di mercato attuali non consentono fughe in avanti, dunque la transizione verso la mobilità sostenibile dovrà tradursi in un percorso graduale, di rispetto del sistema economico del Paese. A tal proposito, però, non si può non considerare, che 1) il parco automobilistico italiano è tuttora fondato in netta prevalenza sugli idrocarburi ed è a lentissimo ricambio; 2) nel comparto l’Italia vanta a livello internazionale una forte capacità in termini di strutture, capitali e tecnologie; 3) la mobilità commerciale nel nostro Paese è affidata al trasporto “su gomma, alimentata da combustibili fossili tradizionali di tipo “Oil”, in misura superiore all’80%. Ecco perché la strategia pubblica tesa all’abbandono dei carburanti di origine fossile deve essere affiancata dal gradualismo e dal contemporaneo varo di opportuni meccanismi di garanzia della neutralità tecnologica e di sostegno, da destinare alle aziende per affrontare la transizione energetica. L’attuale rete carburanti si candida ad essere un hub multienergetico a disposizione della mobilità del paese.

Per info: www.faib.it (Omniapress-12.5.2021)