Roma (Pietro Cobor) - Giuseppe Sperduto è il nuovo Presidente della Faib, la Federazione dei gestori carburanti Confesercenti. A sceglierlo l’assemblea dell’Associazione, tenutasi in modalità a distanza.
Sperduto succede a Martino Landi, che ha guidato la Federazione per tredici anni. “Il Sindacato è e rimarrà il luogo in cui prima di tutto viene il confronto interno, il dibattito tra gli iscritti, l’illustrazione delle rispettive posizioni, il rispetto per le opinioni diverse, la costruzione della sintesi”, ha detto il neo eletto Presidente che ha aggiunto: “Il nostro settore è ad un punto di svolta: occorre legare la nostra proposta al miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente, alla sostenibilità economica delle attività, alla proposta di allargare la sfera delle tutele del lavoro e di lotta alle illegalità. La Faib è nelle migliori condizioni per interpretare la nuova rete e i nuovi soggetti imprenditoriali chiamati a gestirla, per il know-how espresso, per le caratteristiche organizzative, per la capacità di rappresentanza e di relazioni istituzionali: un complesso di valori e risorse che costituisce il nostro patrimonio a disposizione della categoria”.
Associazione che ha colto l’occasione dell’Assemblea “I gestori protagonisti della mobilità nell’era della transizione”, per organizzare una tavola rotonda, in via telematica, su “La distribuzione carburanti di fronte ai nuovi scenari energetici”. Al dibattito hanno preso parte Giuseppe Capanna, Direttore Generale Confesercenti, Andrea Rossetti, Presidente Assopetroli, Claudio Spinaci, Presidente Unem, Emilio Viafora, Presidente Federconsumatori, Gilberto Dialuce, Consigliere Ministro Transizione Ecologica, Cecilia Guerra, Sottosegretaria Ministero Economia e Finanze, Massimiliano De Toma e Luca Squeri Membri X Commissione Camera dei Deputati.
“I gestori - sottolinea la Faib - nella transizione energetica saranno i protagonisti della mobilità e continueranno a fornire energia per far muovere gli italiani. Riteniamo che l’attuale rete carburanti sia un asset strategico prezioso per il sistema paese, per consentire in continuità la distribuzione delle energie a basse emissioni. In questa ottica si pone il ruolo dei grandi operatori della rete di ripensare le aree di servizio, e approntare le relative azioni di riposizionamento, quali stazioni multifunzionali a servizio dell’auto futura, a conferma della vocazione a fornire energia, nelle declinazioni che si stanno determinando e in quelle che si preannunciano” . “Fornire energia sulle stazioni di servizio è l’obiettivo di oggi e di domani - conclude la Federazione. I gestori nella transizione energetica saranno i protagonisti della mobilità e continueranno a fornire energia per far muovere gli italiani”.
I consumi di
carburante. Come ripetutamente denunciato dalla Faib
e alla base delle richieste di ristoro per i gestori i consumi si sono ridotti
nell’ultimo anno del 26,1%, per il gasolio del 14,7%, per la benzina e del 21%
per quelli di GPL. La contrazione dei tre prodotti ammonta a quasi 7,5 miliardi
di litri così distribuiti: 2 miliardi per la benzina, 4,7 miliardi per il
gasolio e 680 milioni di litri di Gpl.
I prezzi. Nel 2020 si registra un calo dei prezzi industriali della
benzina, gasolio e Gpl rispettivamente del 21%, 22,4% e 5,9% e al consumo del
9%, 11% e 4,2%. Attualmente i prezzi dei carburanti al netto delle tasse sono
inferiori alla media dell’area euro. Il maggior costo alla pompa pari a 11
centesimi euro/litro per la benzina e 14,6 centesimi per il gasolio è
interamente dovuto alla componente fiscale. Nel complesso nel 2020 si registra un «extracosto fiscale», ossia un
carico fiscale, di oltre 4 miliardi di euro rispetto ai consumatori dell’area
euro. Inoltre, in Italia rimane un importante quota di erogato in modalità
servito, attestabile, mediamente, intorno al 25%.
Lo stato della
rete. Contrariamente agli obiettivi dichiarati, nel 2019 si contano
21 mila e 750 punti vendita con un aumento del 4% rispetto al 2015. L’Italia
continua ad essere il Paese con il maggior numero di punti vendita. Ad oggi
siamo in presenza di circa 1.083 società registrate quali titolari di
autorizzazioni e di 240 marchi operanti sul territorio nazionale. All’Anagrafe
nazionale della rete stradale e autostradale nel 2020 risultano registrati
oltre 22 mila impianti di cui 21 mila e 700 in attività, circa 400 in
sospensiva e altrettanti con monoprodotto Gpl/metano. Ad oggi, secondo dati del
Mef, quasi 5 mila punti vendita galleggiano miracolosamente su un erogato
inferiore ai 300 mila litri, erogato che non consente di tenere aperto un punto
vendita
L’emergenza
sanitaria. La pandemia da Covid 19 ha determinato un
forte calo delle vendite tra gennaio e ottobre 2020 rispetto allo stesso
periodo del 2019. Sulla rete ordinaria le regioni più colpite, per benzina e
gasolio, sono state: Lombardia (-22%), Campania e Sardegna (entrambe -21%) e
Sicilia (-20%). Sulla rete autostradale invece le peggiori performance sono
della Basilicata (-69%), della Valle d’Aosta (-50%) e del Piemonte (-41%).
Infine, per l’extrarete il Lazio perde il 50% delle vendite, il Veneto il 31% e
il Piemonte il 28%. L’erogato medio di questi ultimi 10 mesi è stato di 683
mila litri e la tassazione ha generato un gettito di 13,6 miliardi di euro solo
sulla rete ordinaria e autostradale per gasolio e benzina. Se la crisi
pandemica ha avuto un forte impatto negativo sulla rete ordinaria, su quella
autostradale ha avuto un effetto devastante. In autostrada il calo delle
vendite è del 40% complessivo tra benzine e gasolio, con punte del 45% nel nord
ovest.
Sicurezza e
moneta elettronica. La Federazione ha più volte denunciato il
rischio rapina che riguarda tutti i gestori italiani. Dalle cronache e dalle
esperienze è facile desumere che i 21.750 operatori nella loro carriera, nella
quasi totalità, hanno subito episodi di rapina e/o di violenza. Centrale la
questione della moneta elettronica, i cui costi, però, non possono gravare sui
gestori carburanti, in quanto percentualmente questi pesano molto di più che in
altri settori, arrivando ad incidere per un terzo del reddito del gestore.
Tuttavia, sviluppare la moneta elettronica è fondamentale per scoraggiare la
microcriminalità, favorire lo sviluppo qualitativo delle aree e rafforzare il
contrasto all’illegalità. Il credito d’imposta ottenuto dalle Federazioni dei
gestori da solo non basta a favorire la migrazione verso i pagamenti elettronici:
è una misura da rafforzare per coprire, in un settore particolare per
esposizione al pericolo e generazione di gettito, il 100% dei costi di
transazione.
La piaga dell’illegalità sulla
rete. Le Federazioni hanno denunciato che declino e
illegalità sono le due facce della stessa medaglia. Si è diffusa l’illegalità,
sia in termini quantitativi, come prodotti introdotti in evasione di iva ed
accise, sia in termini qualitativi (prodotti variamente miscelati, gasolio
tagliato con oli combustibili esenti da imposte di fabbricazione), sia in
termini di regole di sistema. La sommatoria di questi fattori produce effetti
drogati sui prezzi e sulla redditività delle imprese, provocando concorrenza
sleale e contrazione della redditività per la parte sana della filiera.
Oggi, secondo la
Magistratura inquirente, il 30% del venduto sfugge
all’imposizione fiscale per un valore di circa 10-12 miliardi di euro. Si
tratta dunque di riportare nelle casse dello Stato oltre 10 miliardi di euro.
Di fronte a questa emergenza, le scelte di politiche fiscali e tributarie non
sono riuscite a introdurre una efficace azione di contrasto sul territorio. Si continua ad oberare una categoria
ultra controllata, a monte e a valle, di oneri e pesi amministrativi che nulla
aggiungono alla lotta all’evasione e non si pensa invece a rafforzare le misure
di contrasto sul territorio e a
sorvegliare in fase di ingresso i prodotti petroliferi nel paese e
monitorare e razionalizzare i depositi commerciali, cresciuti a dismisura negli
ultimi anni, quasi in parallelo con la crescita dell’evasione iva, attraverso
criteri selettivi e requisiti oggettivi, senza deroga alcuna.
Secondo le Federazioni
di categoria il 50% della rete di distribuzione opera con contratti di
affidamento irregolari o illegali, nell’indifferenza o nell’impotenza delle
istituzioni e della filiera. Le Federazioni hanno promosso nel tempo vertenze
legali e contenziosi sindacali, ma questo non può essere la “nuova normalità”. La lotta e il contrasto all’illegalità devono essere tema di
filiera condiviso senza se e senza ma; ed invece assistiamo a distingui ed
eccezioni che danno vita a pratiche che dequalificano la rete, precarizzano i
rapporti, violano le normative in materia contrattuale, creando quell’humus
favorevole alla diffusione della cultura dell’illegalità. La legalità non è una margherita da
sfogliare.
La Proposta delle Federazioni. Anche in questa ottica va inquadrata la recente proposta delle Associazioni dei gestori di un rinnovato ruolo centrale per il decisore pubblico, di governo e indirizzo per la rete carburanti nel senso della legalità e della mobilità sostenibile.
In questo senso le
Federazioni si sono fatte promotrici di una proposta legislativa sulle “Misure
per la transizione della rete distributiva dei prodotti energetici per uso di
autotrazione verso la mobilità sostenibile, nonché per l’efficienza del
mercato, la tutela degli operatori commerciali ed il contrasto delle attività
illegali.” La proposta muove dalla considerazione che la rete carburanti è la più
importante infrastruttura della mobilità su gomma che necessita di una nuova
mission nel nuovo scenario nel quale biometano, biocarburanti liquidi, idrogeno
e ricarica dei veicoli elettrici, giocheranno un ruolo decisivo.
Le problematiche attuali
della rete (polverizzazione, dispersione dei valori industriali, illegalità,
irregolarità contrattuali…) fanno sì che il solo mercato non sia in grado di
dare una efficace risposta ai temi posti dalla transizione. Da qui l’esigenza
di un intervento pubblico in grado di governare e programmare la transizione
verso la decarbonizzazione, assumendo ad elemento centrale il riorientamento
dell’offerta e l’ammodernamento tecnologico e la pluralità delle energie per la
mobilità. L’ipotesi legislativa della “concessione” va in questa direzione e
non vuole essere di ostacolo alla concorrenza, ma anzi sollecitarla sul terreno
dell’innovazione energetica e della verifica della corretta competizione. Per
le Federazioni che l’hanno avanzata, la proposta della “concessione” potrebbe
agevolare la razionalizzazione della rete basata su criteri oggettivi di
decarbonizzazione, sostenuta da meccanismi in grado di garantire da un lato
sostegni ed investimenti e dall’altro il governo verso la transizione.
Condiviso il fine della proposta legislativa, lo strumento migliore per
raggiungerlo passa in ogni caso per una riassunzione centrale dell’intervento
pubblico di indirizzo e controllo. Basterebbero queste due azioni per avviare
una vera politica coerente con gli obiettivi concreti e non ideologici della
transizione energetica.
La rete
nell’era della transizione. La creazione del Mite,
il Ministero della transizione è un cambiamento di grande rilevanza
istituzionale, politica ed economica. Il dibattito tra le forze sociali e
quelle politiche ha evidenziato l’opportunità di un rapido avvio del processo
di “decarbonizzazione”, a condizione che le soluzioni di contrasto
all’emergenza climatica siano necessariamente graduali, per governare i tempi
tecnici necessari ai fini di una transizione virtuosa verso l’utilizzo di
energie alternative. Del resto, le condizioni di mercato attuali non consentono
fughe in avanti, dunque la transizione verso la mobilità sostenibile dovrà
tradursi in un percorso graduale, di rispetto del sistema economico del Paese.
A tal proposito, però, non si può non considerare, che 1) il parco
automobilistico italiano è tuttora fondato in netta prevalenza sugli
idrocarburi ed è a lentissimo ricambio; 2) nel comparto l’Italia vanta a
livello internazionale una forte capacità in termini di strutture, capitali e
tecnologie; 3) la mobilità commerciale nel nostro Paese è affidata al trasporto
“su gomma, alimentata da combustibili fossili tradizionali di tipo “Oil”, in
misura superiore all’80%. Ecco perché la strategia pubblica tesa all’abbandono
dei carburanti di origine fossile deve essere affiancata dal gradualismo e dal
contemporaneo varo di opportuni meccanismi di garanzia della neutralità
tecnologica e di sostegno, da destinare alle aziende per affrontare la
transizione energetica. L’attuale rete carburanti si candida ad essere un hub
multienergetico a disposizione della mobilità del paese.
Per info: www.faib.it (Omniapress-12.5.2021)