Milano - Le partite di calcio e altri eventi sportivi sono frequentemente oggetto di pirateria e circa il 35% degli utenti che guardano sport online in Italia ammettono di aver utilizzato fonti illegali per accedere ai contenuti sportivi. È quanto emerge da un report di Sport Radar che, unito agli ultimi dati AGCOM, conferma che la pirateria sportiva, in particolare per quanto riguarda la Serie A e la Champions League, rimane un problema significativo, con una stima di circa il 20% delle visualizzazioni di partite che avviene tramite fonti pirata.
Con l’inizio del campionato di calcio della Lega Serie A e l'accesso a servizi di streaming a pagamento per seguire le partite, il tema della pirateria torna al centro del dibattito. In questo contesto, la Lega Calcio ha introdotto il "Piracy Shield", un sistema lanciato lo scorso febbraio e concepito per combattere la visione illegale degli eventi sportivi.
Ma come funziona e quali sono i limiti di questa piattaforma? Questo strumento, che punta ad avere una prossima versione 2.0 migliorata, presenta gravi limitazioni che, purtroppo, al momento ne compromettono l'efficacia. Il Piracy Shield, infatti, si basa su un meccanismo di blocco degli indirizzi IP dei siti web che trasmettono illegalmente le partite. Quando un sito viene segnalato tramite il sistema, infatti, l'indirizzo IP del sito viene bloccato entro 30 minuti. Ma questo approccio solleva diverse problematiche tecniche e legali.
Danilo Cimino, informatico che ha lavorato anche all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, al CERN di Ginevra e fondatore del blog Cose di Computer, spiega che “il blocco tramite indirizzo IP è complicato e costoso da implementare. Le aziende che forniscono connessioni internet vengono notificate in automatico per ogni blocco, il che comporta un onere economico significativo. Inoltre, il blocco IP è facilmente aggirabile utilizzando una VPN, un servizio a basso costo che maschera il traffico internet e permette agli utenti di accedere ai siti bloccati. Una delle problematiche più gravi è che “un singolo indirizzo IP può ospitare decine di migliaia di siti web. Bloccare un IP può quindi avere effetti collaterali significativi, bloccando anche siti non correlati alla pirateria. Questa situazione è paragonabile a sbarrare il portone di un intero palazzo per fermare un singolo ladro: tutti i residenti rimangono bloccati.”
La legge che regolamenta il "Piracy Shield", infatti, presenta una lacuna: “Trascorsi 15 giorni, non c'è una procedura per lo sblocco dei siti erroneamente bloccati. Questo vuol dire che un sito web legittimo, come quello di un agriturismo, potrebbe restare bloccato senza possibilità di ripristino, creando problemi significativi ai legittimi proprietari. Nonostante le buone intenzioni, il "Piracy Shield" dimostra di essere una soluzione inefficace e mal concepita. La strategia per affrontare il problema della pirateria dovrebbe invece concentrarsi su modelli di prezzo accessibili e attrattivi per i consumatori” continua Cimino, da sempre impegnato per una divulgazione democratica dei temi informatici e all’utilizzo della tecnologia in modo responsabile.
Ma il problema della pirateria rimane e va
arginato.