martedì 24 settembre 2024

Rischio Suicidio tra Medici e Professionisti Sanitari: il Doppio Rispetto alla Popolazione Generale. Le Cause: Stress Lavorativo; Depressione, Aggressioni e Turni Massacranti. Proposte per Evitarli

 

Roma (a cura del Prof. Foad Aodi*) - Alcuni studi hanno riferito che il suicidio e l'ideazione suicidaria sono quasi due volte più comuni tra i medici rispetto alla popolazione generale. Tra i 9175 medici intervistati nel 2023 Physician Suicide Report di Medscape, il 9% aveva preso in considerazione il suicidio e l'1% lo aveva tentato. La media per gli adulti statunitensi è rispettivamente del 4,9% e dello 0,5%. I chirurghi sono particolarmente a rischio. Un'indagine 2011 su 7905 chirurghi statunitensi ha rilevato che 1 su 16 (6,3%) aveva preso in considerazione l'idea del suicidio nell'anno precedente. Un sondaggio successivo alla pandemia condotto su oltre 600 chirurghi e specializzandi in chirurgia ha rivelato che uno su sette aveva avuto idee suicidarie.

Si stima che ogni anno negli Stati Uniti muoiano per suicidio tra i 300 e i 400 medici, ma i numeri esatti non sono noti. Secondo recenti stime aggiornate del National Violent Death Reporting System, il numero di suicidi di medici è di 119 all'anno. In particolare, questo dato non è migliore di quello riportato più di 50 anni fa nell'importante documento politico Il medico malato: incapacità indotta da disturbi psichiatrici, incluso l'alcolismo e la dipendenza da droghe. Il documento lanciava l'allarme sulla scarsa salute mentale dei medici e riferiva che ogni anno morivano per suicidio 100 medici, l'equivalente di una classe media di laureati in medicina dell'epoca. "Se prendo la mia classe di medicina e la raddoppio, ecco quanti medici muoiono ogni anno" ha detto Harrop. "Ed ecco la cattiva notizia: la cosa inizia fin dalla scuola di medicina".

Le ricerche mostrano tassi più elevati di depressione e di ideazione suicida negli studenti di medicina e negli specializzandi rispetto agli altri laureati, con tassi che variano a seconda della fase di formazione. In uno studio multiscuola, il 12% degli studenti di medicina e degli specializzandi presentava una probabile depressione maggiore, il 9,2% una depressione lieve/moderata e l'ideazione suicidaria è passata dal 6,6% del primo anno di medicina al 9,4% del quarto anno. Una recente indagine dell'AANS su 346 specializzandi in neurochirurgia ha rivelato che il 67% soffre di burnout e il 41% ha seriamente pensato di abbandonare il lavoro. Il burnout ha raggiunto un massimo del 76% al secondo anno ed è sceso al 49% e al 54% rispettivamente al terzo e quarto anno.

L'esposizione inadeguata alla sala operatoria, il corpo docente ostile e i fattori di stress al di fuori del lavoro erano legati al burnout, mentre una buona mentorship era legata a una probabilità tre volte inferiore di burnout. In particolare, uno studio del 2019 ha stimato, in modo prudente, che il costo annuale del turnover dei medici legato al burnout e alla riduzione delle ore di attività clinica è di 4,6 miliardi di dollari a livello statunitense e di 7600 dollari per medico dipendente di un'organizzazione.

Secondo le indagini internazionali di AMSI (Associazione Medici di origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euro Mediterranea) e Uniti per Unire, con il supporto di Radio CO-MAI Internazionale, il tasso suicidi di professionisti sanitari nel mondo è aumentato del 15% negli ultimi 5 anni. La percentuale per i professionisti sanitari è molto più alta rispetto al resto dei cittadini.

Medici e infermieri, su tutti, presentano un allarmante tasso di suicidio che corrisponde a 21 ogni 100mila abitanti, rispetto alla popolazione “normale” che presenta un tasso di 12,6 ogni 100mila abitanti.

Le statistiche: 
- Al primo posto ci sono gli infermieri e gli operatori socio sanitari con un tasso i 16,2 ogni 100mila abitanti, seguiti subito dopo dai medici, 13 ogni 100mila abitanti.

- I professionisti sanitari sono la seconda categoria al mondo con il più alto rischio di suicidio, dopo gli artisti e le persone dello spettacolo.

Le cause: 

- stress lavorativo e turni massacranti che costringono ad avere poco spazio per la famiglia e gli affetti personali. Nel caso delle donne il doppio faticoso ruolo di dottoresse/infermiere da una parte e madri/mogli dall’altra.

-Aggressioni e violenze fisiche e psicologiche subite, sul luogo di lavoro, da colleghi e pazienti, trauma che si rivela difficile da superare. Nel caso delle donne anche violenze e abusi a sfondo sessuale. 

- Scarse prospettive di carriera e frustrazione derivata da retribuzioni non all’altezza del costo della vita.

- Stress derivato dal delicato lavoro nei reparti di emergenza urgenza.

- Liti e contrasti con i colleghi, scarso dialogo con questi ultimi e con i pazienti.

- Al primo posto ci sono, per rischio suicidio, le donne della sanità, che superano del 70% il rischio di un gesto insano rispetto ai colleghi uomini.

- 6 professionisti sanitari su 10 ammettono di soffrire di depressione e di traumi maturati sul luogo di lavoro.

- Molto spesso la depressione dei professionisti sanitari viene nascosta per paura di compromettere la propria posizione lavorativa agli occhi dei colleghi e dei superiori.

- Il rischio di suicidio aumenta del 10% per i professionisti sanitari che lavorano nei luoghi difficili, nei paesi dove ci sono guerre e nelle nazioni povere in via di sviluppo dove la sanità è deficitaria.

- Tra le altre cause ci sono anche la discriminazione verso i professionisti sanitari immigrati, che è comunque una forma di violenza, e anche i contrasti interni con i colleghi e l’ansia di prevalere sull’altro e avere successo a tutti i costi.

- Il 10% delle cause di depressione che può aumentare il rischio di suicidio è derivato dal trauma legato ad un possibile errore commesso su un paziente, che apre la strada ad una denuncia che può rovinare l’immagine e la carriera. Le denunce, spesso gonfiate, minano nel profondo la tranquillità del professionista, soprattutto se lo portano dalle corsie degli ospedali alle aule dei tribunali.

Non c’è dubbio che il quadro sia allarmante. Le soluzioni ci sono e sono nelle mani e nelle strategie delle nostre politiche sanitarie. Le abbiamo sintetizzate in alcuni punti e rappresentano le nostre proposte per tutelare maggiormente i professionisti sanitari dal rischio di depressioni che possono diventare malattie incurabili.

Ecco, quindi, le proposte AMSI-UMEM-Uniti per Unire per tutelare i Professionisti sanitari dal punto di vista psicologico: 

1. Aumentare e migliorare l’organizzazione di servizi specializzati per la cura dello stress psicologico a disposizione dei colleghi all’interno degli stessi ospedali dove lavorano, grazie alla presenza di professionisti specializzati.

2. Istituire maggiori comitati di ascolti all’interno degli ospedali per monitorare la situazione di ogni singolo professionista, con particolare attenzione a coloro che hanno già subito episodi di violenza fisica o psicologica.

3. I professionisti stessi non devono avere il timore di confessare le proprie fragilità e di esporre le proprie problematiche, senza correre il rischio di compromettere la propria posizione lavorativa agli occhi dei datori di lavoro. (www.agenziaomniapress.com - 24.9.2024)


* Prof. Foad Aodi: Giornalista -Esperto salute Globale e Docente Università Tor Vergata ,Membro registro Esperti FNOMCeO . 
Presidente Nazionale Associazione medici di origine straniera in Italia (AMSI) - Unione medica euro mediterranea (UMEM) e del movimento Uniti per Unire .